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Un circo da collezione, di Arianna Pioli

da | Ago 30, 2024 | Racconti | 0 commenti

Stanislau decise molto presto di darsi al collezionismo.
Ma invece di raccogliere e catalogare francobolli, occupare i suoi scaffali con set di Lego, o di dedicarsi a accumuli letterari o cinefili, Stanislau stabilì che avrebbe passato la vita a collezionare “persone interessanti”.
L’idea del circo nacque così: era il modo migliore per trovare la più varia umanità e possederla attraverso un legame contrattuale.
Per questo il suo circo aveva come sottotitolo sui cartelloni: “La più grande collezione di persone al mondo!”
Niente animali. Solo esseri umani. Inutile dire che gli animalisti fecero gran pubblicità al suo tendone.
La gente assisteva con gioia ai suoi spettacoli, dove oltre alle più svariate deformità fisiche erano messe in mostra anche molte meraviglie mentali o psicologiche, come Ania, la donna che credeva di essere un cocker, e Tulip, l’uomo che memorizzava i volti e sapeva riconoscerne anche i legami di
parentela se confrontati.
Quest’ultimo individuò un ricercato nel pubblico durante uno spettacolo, scatenando non poche attenzioni da parte dei media e incassando una taglia notevole che divise però con tutti i suoi compagni.
Anche se molti tornavano di anno in anno agli spettacoli, nessuno si poneva domande sul mancato invecchiamento dei vari membri del circo.
Dopo vent’anni, Stanislau annunciò il suo ritiro e fece un’ultima bellissima serie di spettacoli che andarono sold out. Quattro anni dopo arrivò il circo di Anistaun, che gli somigliava tantissimo, ma aveva i capelli biondi e non rossi, quindi non poteva essere lui.
Anche il suo nome non destò sospetti, perché tutti avevano iniziato a chiamare i figli in modi strani e comunque poteva anche essere un nome d’arte.
Anistaun diceva che non era giusto che il circo di Stanislau (che a detta sua frequentava da bambino) non esistesse più. Aveva raccolto così un cospicuo gruppo di performers, molti assai somiglianti ai “Freaks” e agli artisti di Stanislau, per riportare la stessa gioia.
Il circo di Anistaun era soprattutto “musicale”: i “normali” ballavano assieme ai “Freaks” e ogni tanto, a turno interrompevano le danze per dare prova di qualche straordinaria capacità. La musica era eseguita da una sola persona: un polistrumentista, un certo Rem, che alla fine durante uno spettacolo sposò Hazel, un uomo che sapeva riconoscere i volti, proprio come Tulip, e somigliava
anche al vecchio Tulip!
La gente iniziò a parlare, ma c’era poco da dire perché Anistaun era molto severo: mentre Stanislau non aveva mai fatto storie sul filmare, Anistaun faceva ricorso alla Legge 168/2066, che permetteva a privati e statali di imporre il divieto con sequestro di qualsiasi oggetto con obiettivi fotografici e/o di registrazioni audio e video.
La gente lo scriveva su internet che c’erano delle somiglianze notevoli, se non addirittura inquietanti tra i performer di Anislaun e quelli di Stanislau. Ma non aveva modo di provarlo e gli spettacoli erano talmente belli che la paura di perderli spingeva il pubblico a soprassedere questa strana caratteristica.
Dopo quindici anni, la guerra fermò il circo di Anislaun che sparì dai radar, come sparirono molte memorie della rete, per attacchi informatici e bombardamenti ai server.
La generazione che aveva conosciuto Stanislau perì. Quella di Anislaun sviluppò disturbi psicologici e malattie fisiche legate al conflitto che la portò a rendersi irrilevante nella storia futura.
Gli anni passarono.
Tra le macerie della guerra, i bisogni erano soprattutto primari. Ma l’arrivo di uno strano tendone, apparso in una nottata, fu accolto comunque con una certa gioia: la prima novità colorata in un mondo nero di cenere.
Una bellissima donna con un braccio solo spiegava ai bimbi che no, non era stata una bomba, lei era nata così, e che quel tendone era un circo, che la signora che abbaiava si chiamava Ania e credeva di essere un cane.
Cos’era un circo? Potevano venire la sera e scoprirlo.
E così i bambini nati sotto le bombe conobbero il circo, dove il direttore Stan, dai capelli corvini, faceva esibire tante persone mutilate come i loro genitori, o deformate, o semplicemente molto brave a riconoscere i volti, a fingersi animali, a suonare ogni tipo di strumento.
E quel circo si sarebbe esibito di comunità in comunità per vent’anni, osservando la rinascita della società, prima di sparire, lasciando tre anni di vuoto fino all’arrivo del tendone di un certo Stanislau, rosso di capelli, che si definiva all’inizio di ogni spettacolo come “collezionista di persone interessanti”


Arianna Pioli nasce nel 1993 e fin da bambina ama scrivere. Dopo la laurea triennale in filosofia e in giornalismo, partecipa con alcuni racconti a diverse antologie di genere horror e giallo; l’ultimo racconto vincitore è stato “L’uomo vascello” nell’antologia “Se una notte d’inverno un lettore…: Piccola antologia della Chiamata Narrativa” promossa dalla rivista “Il lettore di fantasia”. Ha lavorato anche presso alcune biblioteche (scolastiche e non). Nella collana Futuresque edito da Future Fiction ha collaborato come sceneggiatrice per l’adattamento di: “Il cervo di Horn Creek” e “Senza Ritorno”.

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