E così è finito anche quest’anno il Salone del Libro. In questa settimana, nel mare di contenuti creati per celebrare la più grande fiera editoriale italiana, sono emersi anche dei ragionamenti interessanti, sia che riguardano il Salone vero e proprio, sia su argomenti tangenti come le recensioni online.
Ma prima di addentrarmi in questioni così spinose vorrei parlare del motivo che mi ha portato a Torino. Venerdì 16 maggio, infatti, si è svolto l’aperitivo letterario “Hic Sunt Dracones” organizzato dalla nostra neonata Dracones Associazione per la scrittura fantasy italiana.
È stata una bellissima serata, dove ho potuto incontrare persone che non vedevo da un po’ e conoscere finalmente persone che ho frequentato solo online. Se volete vedere un po’ che aria tirava quella sera vi rimando al profilo IG. Potete inoltre ascoltare la puntata live di Reading Wildlife che è stata registrata in quest’occasione.
I progetti che stiamo portando avanti sono molti e consiglio a tutti di andare a dare un’occhiata al nostro sito. Tra l’altro: chi volesse sostenerci non deve per forza associarsi, ma può anche semplicemente fare una donazione (ci aiuterebbe molto).
Durante i giorni del Salone, come di consueto, il mio feed IG è esploso di contenuti riguardanti la fiera. Vlog, caroselli, selfie, tag a profusione. È una cosa assolutamente normale: ho circoscritto la mia bolla al mondo editoriale, non posso aspettarmi altro. Ma in questo marasma mi è saltata all’occhio una serie di stories che faceva notare come l’oversharing di acquisti libreschi potesse urtare la sensibilità di alcuni.
Ma perché dei contenuti in cui si mostrano i propri acquisti possono dare fastidio?
Be’, prima di tutto possono infastidire quando sono tanti, tantissimi. Come succede durante le grandi fiere. Possono infastidire quando sono contenuti che hanno palesemente lo scopo di ostentare la quantità di libri acquistati. Ostentare in faccia a chi non può permettersi di andare fino a Torino (e non parlo solo economicamente).
Qualche giorno fa ho pubblicato un post in cui comunicavo che non avrei mostrato i miei acquisti del Salone e che avrei parlato dei libri che ho preso dopo averli letti. Quel post ha scatenato un piccolo putiferio (un po’ me lo aspettavo) e generato una bella discussione. Segnalo in particolare la newsletter di Mick Paolino e quella di Reading Wildlife.
Mi è stato fatto notare che i post degli acquisti durante le fiere aiutano i piccoli e medi editori a far conoscere i propri libri. Che anch’io regolarmente consiglio libri che non ho ancora letto. Tutto vero. Anzi, aggiungerei che anch’io ho fatto i miei contenuti book-haul. Soprattutto in occasione delle fiere Stranimondi e Marginalia.
Quindi sì, non nego di essere incoerente. Il mio è un percorso di crescita non esente da errori. Quello che voglio fare è creare momenti di confronto, discussione e approfondimento intorno ai temi che mi interessano.
Sono un paio d’anni che compro i libri quasi esclusivamente in fiera, direttamente dall’editore. Non compro su Amazon, non compro quasi più in libreria (tranne quelle indie, che però dalle mie parti sono piuttosto rare). E ho fatto diversi contenuti in cui spammavo i libri che ho preso. L’ho fatto perché questi contenuti creavano un bel buzz intorno al mio profilo, perché gli editori riprendevano le stories creando ancora più buzz. Ma a conti fatti mi sono resa conto che si trattava di un batti cinque con tutty quelly che quei libri, quegli editori già li conoscevano.
È un po’ che faccio profonde riflessioni sul mondo social, sul consumismo, sulla superficialità che hanno assunto i contenuti online.
In particolare mi sembra che i social stiano alimentando da anni un fenomeno abbastanza preciso: gli haul. Si tratta di creator che comprano una gran quantità di articoli per poi mostrarli ai propri follower. Possono essere vestiti, make-up, sneakers oppure appunto, libri.
Sono contraria ai book-haul? Se si tratta di pura ostentazione sì. Sono famosi gli episodi di creator che comprano (o ricevono) edizioni particolari per mostrarli sui social e poi rivenderli su Vinted.
Inoltre i libri non dovrebbero essere un articolo da ammassare, ma da gustare.
E qui arriviamo a un’altra discussione molto interessante che è nata in questi giorni, partendo dall’articolo di Loredana Lipperini su Lucy dall’eloquente titolo “Le recensioni letterarie in Italia stanno diventando inutili”. In particolare, Lipperini lamenta che la critica letteraria (leggi le stroncature) è un fenomeno in estinzione, soppiantata da recensioni piuttosto interessate. Claudia (@praticamenteinnocua) mi ha fatto notare che, per quanto condivisibile la posizione dell’autrice, è un discorso piuttosto classista. E non posso darle torto. Vi lascio qui il suo articolo dedicato al Salone e all’argomento delle recensioni.
E quindi ecco: sono stata al Salone ma la parte più interessante di quest’esperienza stavolta è arrivata dopo, online. Voi cosa ne pensate di questi spunti di riflessione? È giusto ragionare sui meccanismi che vengono scatenati da questi grandi eventi editoriali? Oppure va tutto bene così com’é? Fatemelo sapere nei commenti.
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