Ho finito a inizio anno Noia terminale di Suzuki Izumi, una raccolta di sette racconti usciti in Giappone tra il 1977 e il 1984 e portati in Italia da ADD Editore.
Non sono mai stata brava nel parlare dei libri appena finiti e questo mio procrastinare è arrivato a un livello tale che nel mentre, il 9 maggio, è uscito il secondo volume di racconti, Hit parade di lacrime.
Titolo: Noia terminale
Autor*: Suzuki Izumi
Anno d’uscita: 2024 (Italia)
Traduttor*: Ozumi Asuka
Trama:
“Mi riguarda eccome. Se continui così ti ritroverai a essere dipendente da questa roba. Possibile che tu non lo capisca? Se diventi un relitto, me ne tornerò da dove sono venuto.”
Questa risposta rallegrò Emma: quindi era lei il motivo per cui Sol si trovava sulla Terra. Si accorse subito, però, che le sue parole avevano anche un altro significato.
“Quindi se io perdessi la testa te ne andresti, lasciandomi qui?”
Un po’ lo desiderava: vivere con un uomo del pianeta Mir era diventato sempre più impegnativo. La sorella minore, che era sposata con il dirigente dell’Agenzia spaziale, lo riteneva uno “zoticone indegno”. A sentire lei, Mir era un pianeta in via di sviluppo. E i loro genitori erano dello stesso avviso: “Sarebbe di gran lunga meglio un militare di Vali o un musicista di Cameroi”.
da Noia Terminale, “Dimenticato”
Il libro è una raccolta di sette racconti, ovvero:
- Un mondo di donne e donne
- You may dream
- Picnic notturno
- Ricordi al Seaside Club
- Fumo negli occhi
- Dimenticato
- Noia terminale
In generale lo stile di Izumi è stato definito come una sorta di Kitchen Sink Realism fantascientifico, scritto però da chi sta lavando i piatti (e non da chi sta guardando chi lava i piatti).
I racconti, infatti, usano le metafore della fantascienza per parlare dell’alienazione provata a vivere in una società nella quale non ci si sente a proprio agio e non ci si riconosce. Raccontano di solitudine, di relazioni tossiche e permeate da una profonda mancanza di comunicazione. Spesso l’unica nota positiva, o comunque rincuorante, è la musica: l’autrice inserisce ogni volta che può brani e strofe di canzoni, mostrandoci in questo modo quanto fosse importante per lei anche nella vita reale.
Una breve biografia:
Suzuki Izumi, nata nel 1949, è stata un’icona della controcultura giapponese.
Attrice, scrittrice e modella, Suzuki ha vissuto una vita intensa ma breve. Dopo aver fatto la modella e l’attrice in film softcore pinku eiga, a partire dal 1969 Suzuki comincia a scrivere, attirando subito l’attenzione di riviste e premi letterari.
Nel 1973 si sposa con il sassofonista Abe Kaoru, da cui avrà una figlia nel 1976.
Comincia a scrivere racconti di fantascienza a partire dal 1975, inserendosi in un gruppo ristretto ma audace di autrici speculative, venendo pubblicata sia su SF Magazine (in un numero speciale dedicato alle autrici, insieme a colleghe come Ursula K. Le Guin) sia su Kisō Tengai, dedicata alle autrici di fantascienza.
Divorzierà nel 1977, un anno prima della morte di Abe per overdose.
Muore suicida a soli trentasette anni, impiccandosi davanti alla figlia, nel 1986.
Questa brevissima biografia non rende però minimamente giustizia alla sua figura, che è ammantata da un’aura tragica. Mancano le droghe, le relazioni tossiche, la depressione, gli effetti della controcultura in Giappone e manca, soprattutto, la musica, che ha accompagnato Suzuki e che ha trovato un posto da protagonista nella sua scrittura.
Di lei ci restano le fotografie di Araki Nobuyoshi, che ha raccolto i migliori scatti in Izumi, this bad girl, e le raccolte dei suoi racconti che lentamente stanno uscendo dal Giappone, dopo la riscoperta della sua prosa nella seconda metà degli anni Novanta.
Cosa ne penso:
Tra i diversi racconti della raccolta quelli che mi hanno “dato” di più sono sicuramente il primo, “Un mondo di donne e donne” e “Picnic notturno”.
Il primo è una distopia che analizza i ruoli di genere attraverso una lente volutamente distorta, ovvero una società in cui a dominare sono le donne, con gli uomini che vivono in Zone di residenza speciale. La protagonista del racconto vede dalla sua finestra un ragazzo che si affretta per strada. Questo la porta a cercare di incontrarlo e a interrogarsi su quanto ci sia di vero di tutta la mitologia sull’origine della società che le raccontano da tutta la vita.
Il secondo è uno splendido esercizio speculativo. Anche qui il tema protagonista è quello dei ruoli di genere. I quattro personaggi vivono in una città automatizzata e interpretano una strana parodia di famiglia.
Ma attraverso i diversi racconti sono tantissimi i temi affrontati. Primo tra tutti la solitudine. Personalmente ho letto poca letteratura giapponese ma da quel poco che mi è rimasto ho sempre sentito una profonda solitudine. È come se questa società così gerarchica e le rigide regole di comportamento portino le persone a non poter vivere i propri sentimenti e a condividerli con altri. È come se le persone non vedessero l’altro, troppo timidi e castrati emotivamente per aprirsi e sfogarsi.
Un altro tema che secondo me affiora in modo deciso è l’esplorazione della propria identità. In una società che ignora e disprezza il diverso, le protagoniste anticonformiste spesso soffrono di questo mancato riconoscimento.
Conclusioni:
Questo potrebbe essere il primo articolo di una serie dedicata alle autrici di fantastico giapponese. Perché nel frattempo ho letto anche Murata Sayaka e sto per recuperare anche Hit parade delle lacrime, sempre di Suzuki Izumi. Ma visto che del domani non v’é certezza, intanto vi lascio qualche articolo di approfondimento.
Hanno parlato di Suzuki Izumi:
Articolo Lucy sulla cultura: Suzuki Izumi, la cattiva ragazza della fantascienza giapponese.
Articolo Japanica: Suzuki Izumi, la madrina della fantascienza.
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