Autrice: Sue Burke
Titolo: Semiosis
Lingua: inglese (inedito in italiano)
Editore: TOR Books
Prima uscita: 2018
Pagine: 333
Benvenute creature alla recensione del libro del mese.
Le piante nella fantascienza non sono quasi mai un elemento centrale, come non lo sono quasi mai nemmeno nella nostra vita vera (ANCHE SE DOVREBBERO!). Per evitare banalità ho quindi cercato un libro che ad oggi è ancora inedito in Italia. Si tratta di Semiosis, primo libro della trilogia d’esordio di Sue Burke.
Semiosis inizia con un gruppo di umani idealisti che colonizzano un nuovo pianeta. Sanno già che dovranno impegnarsi a fondo per riuscire a vivere su questo nuovo mondo e fortunatamente ne hanno gli strumenti, anche se non tutti quelli che avevano portato con loro. Presto però si accorgono che dovranno imparare a convivere con un habitat alieno dove la forma di vita dominante non è animale, ma vegetale.
Il libro è strutturato in capitoli che seguono ogni volta il rappresentante di una generazione di umani sul pianeta che hanno chiamato Pax. In questo modo l’autrice riesce in maniera non fastidiosa a darci tutte le informazioni che ci servono per capire come evolve questa neonata società e quali sono le difficoltà che devono affrontare.
Si inizia quindi con una buona quantità di tecnologia (quella che hanno portato con loro), con grandi valori (battezzano appunto il pianeta Pax e si chiamano tra loro pacifisti) ma anche con le difficoltà iniziali nel capire il funzionamento di questa nuova biosfera. Si fanno errori e muore gente. La vita è dura, manca di tutto, si fa la fame e l’unico scopo è la sopravvivenza.
Ma con le prime generazioni nate e cresciute su Pax la storia cambia. I coloni originali ormai sono quasi tutti morti e i loro discendenti cominciano ad essere stufi delle loro regole stringenti e del fare la fame in una radura di merda, come sono stufi dell’avere paura di qualunque cosa. Quando inoltre si accorgono che ciò che sanno dell’umanità e della Terra è solo quello che i Genitori (così li chiamano) hanno accuratamente selezionato per loro i tempi sono maturi per un profondo cambiamento. E qui entra in gioco il bambù.
A fine lettura posso dire che, anche se scritto in inglese, mi sono subito accorta che la scrittura dell’autrice è ancora un po’ acerba. Il ritmo della narrazione è altalenante e in alcune parti si dà veramente troppo spazio a questioni di lana caprina. Anche se è assente il palese infodump è comunque un testo denso di elementi tecnici e botanici che ho trovato poco funzionali alla trama. I personaggi non sono particolarmente profondi (a parte alcune eccezioni) e in generale i dialoghi e le interazioni servono solo a far capire al lettore come si è evoluta la situazione da un capitolo all’altra. Non risulta fastidioso, ma ovviamente in questo modo non ti escono dei personaggioni per i quali fare il tifo.
Ma se guardo alla storia nel suo insieme, al netto dei suoi difetti, posso dire che è una saga che ha molto potenziale. Anche se in apparenza non è un’idea particolarmente originale, l’autrice si concentra su alcuni aspetti molto particolari del nuovo ambiente e fa delle critiche molto puntuali ai concetti di colonizzazione, ideologia, libertà, controllo e mutualismo. Ci sono parti che fanno riflettere profondamente su cosa ci rende umani e cosa è la solidarietà. Mi è piaciuto particolarmente il fatto che uno degli elementi che porta i Figli a ribellarsi è il fatto che non possono esprimere la loro creatività artistica. Non possono esprimerla perché secondo i coloni originali il fulcro della vita deve essere prendersi cura della comunità e degli anziani. Puoi obbligare qualcuno a prendersi cura di te? E se lo fai cosa succede? E poi: sopprimere la creatività porta solo frustrazione? Oppure è una di quelle cosa che possono far sprofondare una società?
Il concetto di intelligenza vegetale qui viene portata ai suoi estremi e funziona benissimo: Steveland, il bambù arcobaleno, è un organismo senziente che può diffondersi quasi ovunque grazie a radici e polloni, che può evolversi molto velocemente e che interagisce con altri organismi intelligenti. Nonostante alla fine si arrivi a un punto molto inverosimile, la sospensione dell’incredulità non viene mai a mancare il che lo rende un libro che vale la pena di leggere.
Per chi fosse interessato, l’autrice ha creato anche un sito dedicato alla trilogia che oltre a dare più informazioni, contiene anche alcuni capitoli che non sono entrati a far parte dell’opera e risposte ad alcune delle domande che restano in sospeso alla fine della lettura.
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