“I draghi non esistono!” Giampaolo – forse sette anni – era infinitamente sicuro di sé. Se ne stava a guardarmi a braccia conserte, con un’espressione serissima e un po’ comica, sotto la zazzera bionda e gli occhialetti tondi che ricordavano quelli del maghetto di un’antica saga fantasy. “Sono una leggenda, una storia per bambini, tipo Babbo Natale, il Mostro Sotto il Letto, la Fatina dei Denti…”.
“Non garantisco per Babbo Natale o il Mostro Sotto il Letto, ma ti assicuro che la Fatina…” Cominciai a rispondergli, ma mi interruppe, con una certa spocchia.
“Guarda che non sono più un moccioso. I miei genitori mi stanno crescendo in maniera onesta ed obiettiva, senza frottole. Mi hanno spiegato che le fiabe e i babau sono dei simboli, figure inventate per indirizzare un bambino a comportarsi bene, a seguire gli insegnamenti degli adulti…”
“Se sei tanto furbo dovresti sapere che il babau non è un simbolo, è un dolce…” provai a rimetterlo al suo posto con un mezzo sorrisino, ma mi gelò.
“Quello semmai è il babà!”
“Ah, già!” Che figuraccia, mi confondo sempre. “Ma sulla fatina, davvero, ho le prove!”
“Sarà una mezza foto sfocata come quelle del mostro di Lochness…” Si voltò dall’altra parte con una mezza risatina.
“Eh, no!” Cominciavo a offendermi. “Intanto tu mio cugino non lo prendi in giro, e poi, vieni con me!” Senza neanche controllare se mi stesse seguendo, imboccai il corridoio e mi diressi a grandi falcate verso il mio antro da letto. Mi fermai solo di fronte al mio giaciglio, e allora mi voltai.
“Ecco, ne sei convinto, ora?” Alle mie spalle, però, non c’era nessuno. Spazientito, tornai sui miei passi. Giampaolo aveva effettivamente cominciato a seguirmi, ma era così lento che aveva appena lasciato l’antro da pranzo. “Allora, ti muovi?” Lo spronai.
“Mica ho le gambe lunghe venti metri come le tue!” Si giustificò.
“Ho le gambe lunghe perché sono un drago!” Puntualizzai.
“I draghi non esistono.” Scosse la testa di nuovo. Sembrava gli facessi un po’ pena.
“E allora come le giustifichi la mia statura imponente?” Chiesi con orgoglio.
“Una forma di gigantismo.”
“E la pelle verde e scagliosa?” Provai di nuovo.
“Una brutta ittiosi, o più probabilmente un brutto costume.”
“E il fatto che sputi fuoco?” Sbottai.
“Un lanciafiamme perfettamente integrato nel costume.”
“E il fatto che ti abbia rapito e ti abbia portato fin qui volando?” Pensai che non potesse non cedere. E invece…
“Una simulazione in ambiente VR. Carina, ma neanche troppo realistica. Che poi, ecco, perché mi avresti rapito se sei davvero un drago? Lo sanno tutti che nelle fiabe i draghi rapiscono le principesse.”
“Ma quella è una leggenda.” Sbuffai. “Cosa se ne dovrebbe fare un drago di una principessa? Intanto sono viziate, costosissime da mantenere, eppoi non posso mica sposarla. A me piacciono le draghesse.”
“E allora perché non hai rapito una draghessa?”
“Sono un gentildrago, le draghesse non si rapiscono: si conquistano con lettere d’amore, doni, mixtape in musicassetta…”
“Mixche?”
“Sei troppo giovane, non puoi capire.”
“Boomer. Quindi vorresti regalarmi a una draghessa?”
“No di certo. Le ho preso un braccialetto. Ti ho rapito perché voglio mangiarti.”
“Mangiarmi?” Scoppiò a ridere. “Ma nessuno mangia più bambini dal 1989!”
Non risposi neppure. Anche perché eravamo finalmente arrivati nell’antro da letto.
“Ecco, guarda qui.” Indicai il mio giaciglio.
“Cosa dovrei guardare?” Faceva ancora il duro, ma finalmente sembrava sorpreso dallo splendore di fronte ai suoi occhi. Oro, gioielli, tesori provenienti da ogni tempo. Se non si rimane stupiti di fronte al bottino di un drago…
“Sotto il cuscino!”
“Non vedo nessun cuscino!” Protestò.
“Uso quel mucchio di monete d’oro come cuscino. Le vedi? Ecco. Qualche sera fa mi è caduto un dente, stavo mangiando una zuppa di tartarughe e mi ero dimenticato di togliere il guscio, un dolore… Ho messo il dentino sotto il cuscino e la mattina dopo non c’era più, ma al suo posto c’era un’altra moneta d’oro. Come lo spieghi?”
“Ci sono monete d’oro ovunque, qui…” Allargò le braccia. “Come fai ad accorgerti se ce n’è una in più?”
“Lo so e basta. Un drago sa sempre quante monete d’oro ci sono nel suo antro.”
“E quante sarebbero, esattamente?”
“Un milionequattrocentoventiduemilasettecentoventinove.”
“E con tutti questi soldi non potresti andare al ristorante, invece che rapire un bambino per mangiarlo?” Mentre pronunciava la parola fece il gesto delle virgolette con le dita, come se ancora considerasse questa storia assurda.
“Non mi sono certo procurato tutte queste monete per spenderle al ristorante…” Scossi il capo.
“E allora per cosa?”
“Collezionismo.”
“Io colleziono minerali.”
“Andresti d’accordo coi nani.”
“I nani non esistono. Perlomeno, non quelli delle fiabe. Esistono persone affette da quello che comunemente viene detto “nanismo”, ma forse sarebbe meglio definirli “persone verticalmente svantaggiate, e…”
“BASTA!”
Lo abbrustolii con una fiammata.
Era morbidissimo. Perfetto con il mio mal di denti. Ma la prossima volta mi sa che rapisco una principessa davvero.
Michele Borgogni è uno scrittore. Fin da bambino si diverte a gettare le sue idee su carta, senza porsi paletti di generi, personaggi, ambientazioni. Ha scritto racconti e romanzi, horror e fantascienza, libri di ricette e romanzi sportivi sui dinosauri, storie di kebabbari nello spazio e ucronie storiche. Pubblica sia da indipendente che per case editrici, in particolare con Dark Abyss Edizioni.
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