Questo mese la mia coach di scrittura mi ha dato un compito.
Al mio lamentarmi che faccio fatica con le descrizioni mi ha chiesto: “Hai mai fatto l’esercizio di descrivere il mondo intorno a te?”. È dai tempi della psicoterapia che non lo faccio. Era un esercizio per allenare quella che oggi viene chiamata mindfulness, ma che la mia terapista chiamava essere presente. Si tratta di mettersi in un luogo e osservare attentamente tutto quello che ci circonda per poi trasporlo su carta. E ho scoperto che è un esercizio molto utile per allenare le descrizioni. Show, don’t tell: devi mostrare e quindi devi descrivere.
Come sempre, quando un tema mi prende poi trovo esempi e approfondimenti ovunque.
In queste settimane sono rimasta molto colpita dalle descrizioni nei racconti di Caitlín R. Kiernan, come per esempio:
Il vento frusta l’erba, la frusta in onde alte e la attraversa rapidamente allo stesso modo in cui frusta il mare, e Tara guarda la casa mentre la casa la guarda.
Caitlín R. Kiernan, “Un risarcimento per Andromeda”, contenuto in Il violino di ammonite, Edizioni Hypnos
Oppure ancora:
Ma Frank non era scappato, e quando aveva premuto il viso sulla crepa nel muro, aveva visto i campi che si estendevano per chilometri e chilometri, prati cremisi sotto un cielo del colore giallo-verde come un vecchio livido. Gli alberi bianchi si contorcevano e frusciavano nella brezza soffocante e speziata, e molto molto lontano, l’enorme cosa nera camminava lentamente attraverso l’erba sulle gambe storte e lunghe come trampoli.
Caitlín R. Kiernan, “Cipolla”, contenuto in Il violino di ammonite, Edizioni Hypnos
Ho trovato anche molto utile i concetti che Chuck Palahniuk dedica alle descrizioni. Come per esempio questo:
Invece di scrivere di un personaggio, scrivi dall’interno di quel personaggio. Ciò significa che il modo in cui descrive il mondo deve riflettere le sue esperienze. Io e te, nei nostri rispettivi ruoli, non entriamo mai nella stessa stanza. Ognuno di noi la vede attraverso la lente della propria vita. Un idraulico entra in una stanza molto diversa rispetto a un imbianchino.
Chuck Palahniuk, Tieni presente che, Mondadori
Ma quindi, questo esercizio? L’ho fatto. Qui vi lascio le mie impressioni di una passeggiata nel bosco. Mi sono seduta su una panchina e mi sono fatta attraversare dalle sensazioni.
La primavera si sta avvicinando. Lo sento. Lo vedo. Tracce di colore tra il fogliame secco e smorto. Ciuffi di giallo e verde: le primule. Quello spruzzo di viola: vinche. E poi il canto degli uccelli che, dopo il silenzio dell’inverno, si fa assordante prima dell’alba.
Stare nel bosco: lontano il rombo del traffico. L’urlo di una motosega. I tronchi si ergono brulli, nudi. I rami grigi si stagliano contro il cielo di un azzurro troppo intenso per essere febbraio. Il vento fa vibrare le foglie delle palme nel sottobosco. Non ci dovrebbero nemmeno essere, le palme. Specie invasiva la chiamano.
Le ombre dei rami ondeggiano sul tetto diroccato della Cà del Pastour. Il trillo acuto di un uccello, mi dispiace non essere capace di riconoscerne la specie. Le piante le riconosco dalle foglie secche che sono cadute alla base dei loro tronchi. Quercia, castagno, pioppo, carpino. E poi agrifoglio e pungitopo sempreverdi punteggiano il sottobosco, oltre a qualche cespuglio di lauroceraso sfuggito dalle siepi dell’abitato. Ancora la motosega che urla lontana. Fa caldo, un caldo anomalo, ormai lo so, lo sappiamo. Qualche imenottero si fa ingannare ed esce alla ricerca di nettare.
Mentre invece l’altro giorno sono andata in biblioteca perché avevo bisogno di uno spazio neutro per riordinare alcuni miei pensieri.
L’ambiente, tutto calcestruzzo e linoleum color giallo uovo, fa rimbombare le voci. Lezioni di portoghese miste alle proteste dei bambini. Accanto a me due ragazzi: uno aiuta l’altro ad adattare il suo italiano alle usanze locali. I volontari al banco dei prestiti fanno capannello, il tono della conversazione sembra divertito. Il signore di fronte a me ha con sé un sacchetto di plastica pieno di cibo. Ha preso una pila di quotidiani e legge e mangia e legge e mangia. È un tortino agli spinaci quello? Ora ho fame anch’io. È passato alla pizzetta, di quelle da supermercato con il formaggio un po’ bruciato. Sento la vocina robotica del distributore di bevande calde, il rumore brusco dell’erogazione. Il signore di fronte è passato al dolce, una brioche con le gocce di cioccolato. Tifo per lui.
Tocca a voi. Allenate le descrizioni? Dove trovate l’ispirazione? Vi vengono facili o fate fatica?
E ancora: ci sono descrizioni che vi sono rimaste nel cuore, o che avete trovato particolarmente evocative? Chi sono, secondo voi, le autrici o gli autori che descrivono meglio? Fatemelo sapere nei commenti.
Ultimamente sto riflettendo molto su questo “essere presente” (che effettivamente chiamo mindfulness anch’io), soprattutto per descrivere le sensazioni fisiche e le esperienze del corpo.
Grazie delle suggestioni!
Ma figurati.
Più vado avanti nel mio percorso (di scrittura, di vita) più mi accorgo che non dobbiamo inventarci niente. Tutto è già lì, serve solo osservare e provare a raccontare con la nostra voce.