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Libri e opinioni

Due chiacchiere sul Salone del Libro

da | Mag 24, 2025 | Articoli, Blog | 2 commenti

E così è finito anche quest’anno il Salone del Libro. In questa settimana, nel mare di contenuti creati per celebrare la più grande fiera editoriale italiana, sono emersi anche dei ragionamenti interessanti, sia che riguardano il Salone vero e proprio, sia su argomenti tangenti come le recensioni online.

Ma prima di addentrarmi in questioni così spinose vorrei parlare del motivo che mi ha portato a Torino. Venerdì 16 maggio, infatti, si è svolto l’aperitivo letterario “Hic Sunt Dracones” organizzato dalla nostra neonata Dracones Associazione per la scrittura fantasy italiana.

È stata una bellissima serata, dove ho potuto incontrare persone che non vedevo da un po’ e conoscere finalmente persone che ho frequentato solo online. Se volete vedere un po’ che aria tirava quella sera vi rimando al profilo IG. Potete inoltre ascoltare la puntata live di Reading Wildlife che è stata registrata in quest’occasione.

I progetti che stiamo portando avanti sono molti e consiglio a tutti di andare a dare un’occhiata al nostro sito. Tra l’altro: chi volesse sostenerci non deve per forza associarsi, ma può anche semplicemente fare una donazione (ci aiuterebbe molto).


Durante i giorni del Salone, come di consueto, il mio feed IG è esploso di contenuti riguardanti la fiera. Vlog, caroselli, selfie, tag a profusione. È una cosa assolutamente normale: ho circoscritto la mia bolla al mondo editoriale, non posso aspettarmi altro. Ma in questo marasma mi è saltata all’occhio una serie di stories che faceva notare come l’oversharing di acquisti libreschi potesse urtare la sensibilità di alcuni.

Ma perché dei contenuti in cui si mostrano i propri acquisti possono dare fastidio?
Be’, prima di tutto possono infastidire quando sono tanti, tantissimi. Come succede durante le grandi fiere. Possono infastidire quando sono contenuti che hanno palesemente lo scopo di ostentare la quantità di libri acquistati. Ostentare in faccia a chi non può permettersi di andare fino a Torino (e non parlo solo economicamente).

Qualche giorno fa ho pubblicato un post in cui comunicavo che non avrei mostrato i miei acquisti del Salone e che avrei parlato dei libri che ho preso dopo averli letti. Quel post ha scatenato un piccolo putiferio (un po’ me lo aspettavo) e generato una bella discussione. Segnalo in particolare la newsletter di Mick Paolino e quella di Reading Wildlife.

Mi è stato fatto notare che i post degli acquisti durante le fiere aiutano i piccoli e medi editori a far conoscere i propri libri. Che anch’io regolarmente consiglio libri che non ho ancora letto. Tutto vero. Anzi, aggiungerei che anch’io ho fatto i miei contenuti book-haul. Soprattutto in occasione delle fiere Stranimondi e Marginalia.

Quindi sì, non nego di essere incoerente. Il mio è un percorso di crescita non esente da errori. Quello che voglio fare è creare momenti di confronto, discussione e approfondimento intorno ai temi che mi interessano.

Sono un paio d’anni che compro i libri quasi esclusivamente in fiera, direttamente dall’editore. Non compro su Amazon, non compro quasi più in libreria (tranne quelle indie, che però dalle mie parti sono piuttosto rare). E ho fatto diversi contenuti in cui spammavo i libri che ho preso. L’ho fatto perché questi contenuti creavano un bel buzz intorno al mio profilo, perché gli editori riprendevano le stories creando ancora più buzz. Ma a conti fatti mi sono resa conto che si trattava di un batti cinque con tutty quelly che quei libri, quegli editori già li conoscevano.

È un po’ che faccio profonde riflessioni sul mondo social, sul consumismo, sulla superficialità che hanno assunto i contenuti online.
In particolare mi sembra che i social stiano alimentando da anni un fenomeno abbastanza preciso: gli haul. Si tratta di creator che comprano una gran quantità di articoli per poi mostrarli ai propri follower. Possono essere vestiti, make-up, sneakers oppure appunto, libri.
Sono contraria ai book-haul? Se si tratta di pura ostentazione sì. Sono famosi gli episodi di creator che comprano (o ricevono) edizioni particolari per mostrarli sui social e poi rivenderli su Vinted.
Inoltre i libri non dovrebbero essere un articolo da ammassare, ma da gustare.

E qui arriviamo a un’altra discussione molto interessante che è nata in questi giorni, partendo dall’articolo di Loredana Lipperini su Lucy dall’eloquente titolo “Le recensioni letterarie in Italia stanno diventando inutili”. In particolare, Lipperini lamenta che la critica letteraria (leggi le stroncature) è un fenomeno in estinzione, soppiantata da recensioni piuttosto interessate. Claudia (@praticamenteinnocua) mi ha fatto notare che, per quanto condivisibile la posizione dell’autrice, è un discorso piuttosto classista. E non posso darle torto. Vi lascio qui il suo articolo dedicato al Salone e all’argomento delle recensioni.

E quindi ecco: sono stata al Salone ma la parte più interessante di quest’esperienza stavolta è arrivata dopo, online. Voi cosa ne pensate di questi spunti di riflessione? È giusto ragionare sui meccanismi che vengono scatenati da questi grandi eventi editoriali? Oppure va tutto bene così com’é? Fatemelo sapere nei commenti.

2 Commenti

  1. Ivan

    «È giusto ragionare sui meccanismi che vengono scatenati da questi grandi eventi editoriali? Oppure va tutto bene così com’è?»

    Eddai Stella, non ci pigliare in giro, lo sai benissimo chi è che ti legge e noi sappiamo come la pensi tu, ed ecco perché siamo qui a parlarne ;P

    Personalmente, trovo che la questione sia sempre agire “cum grano salis”, cercare il “mezzo virtuoso”, o comunque l’avrebbe chiamata un barbogio greco-romano: stai esibendo i tuoi acquisti in fiera per celolunghismo economico? Fai pure, ma la gente che non ha quel potere d’acquisto,o lo ha ma ha meno boria, avrà tutto il diritto di sbeffeggiarti. Desideri realmente fare pubblicità alle case editrici che stimi? Imposta di conseguenza la presentazione degli acquisti, ad esempio fornendo per ogni testo un link di acquisto certificato indicato dall’editore… e se ti rendi conto che non riesci a fornire davvero quel tipo di visibilità, perché ti mancano gli strumenti giusti in un contesto di comunicazione sempre più complessa, tira il fiato e fai serenamente un passo indietro.

    Rispetto al discorso di Lipperini e alla risposta di Claudia nostra (per altro, notiamo che l’accademica la chiamo per cognome, la blogger l’ho conosciuta di persona e la chiamo per nome), io mi sento di dire che:
    – Lipperini ha avuto l’onestà di parlare solo di letteratura aulica di quella prodotta e diffusa dall’establishment con la E maiuscola, cioè i romanzieri che scrivono letteratura realistica di crisi di mezza età e i giornalisti di cui non riesci a capire gli articoli se non al trentesimo che leggi, per quanto scrivono autoreferenziale, ed entro questa prospettiva limitata ha anche ragione a dire che la qualità dei dibattiti è calata, allorché il social network commerciale ha portato alla polarizzazione fra pubblicità occulta e insulto vitriolico.
    – Claudia ha altrettanto ragione a obiettare che il discorso di Lipperini è estremamente miope e introiettato da un classismo pregresso, perché la letteratura aulica non muove numeri né pubblico almeno da quando sono morti il Pasolini e il Calvino su cui Lipperini chiudeva il proprio articolo: se si vuole davvero fotografare lo stato della letteratura in Italia, bisogna sì fare come dice Claudia e studiare i meccanismi della critica informale-amatoriale, il rapporto del pubblico con la letteratura che davvero muove numeri, e la danza pericolante fra acquisto tramite la GDO (cioè Amazon, lo sappiamo), utilizzo delle biblioteche, e pirateria del digitale. Perché altrimenti, si prendono a parametro del Paese i cinque ricchi milanesi che leggono unicamente le rose finaliste dello Strega e del Campiello, e col cavolo che si sblocca qualche cosa.

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  2. Stella

    Wow, è dal 2006 che non leggevo un commento così lungo e articolato su un mio blog! 😀

    È assolutamente vero che i miei articoli e le mie “provocazioni” alla fine riecheggiano nella bolla, ma almeno restano in un posto fisso (il caro e vecchio permalink) e chissà che tra qualche anno di questo discorso resterà traccia da qualche parte.

    Ammetto che ho voluto scrivere questo post per raccogliere anche i ragionamenti di Claudia, Angela e Mick, di modo da fornire un comodo riassunto del discorso che è sempre interessante e in divenire. Anche perché così facendo tolgo il discorso dal vortice delle dinamiche dei social, dove vale chi la spara più grossa e non è più un gioco che voglio giocare.

    Quello dei creator che continuano a perpetuare uno stile di vita irrealistico (e qui esco dal discorso editoria) è un problemone che altre persone hanno analizzato più a fondo di me (penso a Serena Mazzini) e non so sinceramente come andrà avanti (sento degli scricchiolii comunque).

    Sull’assenza di un movimento di critica letteraria (sia che si parli di letteratura boriosa sia di romantasy) probabilmente tornerò a parlarne. Perché è un danno sia per chi scrive (che riceve solo approvazioni entusiaste, ad eccezione della singola stellina astiosa), per chi compra (che non sa più come capire se vale la pena prendere quel tomo), e per chi pubblica (che non lo vuole nemmeno sapere se un libro non piace).

    Insomma, sarà una lunga estate 😀

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