Perché torno sempre al Mondo Disco

Chi mi legge da un po’ lo sa, sto in fissa con Terry Pratchett. Autore di fantasy comico, è un autore con una fanbase enorme e che ancora oggi, a dieci anni dalla sua (prematura ahimè) morte ancora attira migliaia di appassionati alle convention a lui dedicate.

Il mio amore per la letteratura comica ha radici profonde. Nasce soprattutto dal trittico Stefano Benni – Daniel Pennac – Douglas Adams. Sono questi gli autori che mi hanno formata come lettrice negli oscuri anni della mia adolescenza.

Per me il principio è sempre stato: se devo fuggire dalla realtà, che almeno sia per farmi una risata.

E loro, con la loro scrittura divertente ma mai banale, riuscivano a farmi ridere. Ma non era escapismo fine a se stesso. Le loro storie mi facevano riflettere su temi importanti: Benni mi ha dato uno sguardo feroce sulle storture della società odierna; Pennac mi ha fatto innamorare di una famiglia scombinata e piena di contraddizioni; Adams mi ha portato a spasso per l’universo con filosofia.

Poi, a un certo punto, non ricordo nemmeno io bene quando, ho incontrato Sir Terry Pratchett. Credo fosse con “Buona Apocalisse a tutti” ovvero “Good omens”, scritto insieme a Gaiman (non commenterò Gaiman, sorry). Forse mi era stato consigliato online. Fatto sta che, entusiasta del romanzo, mi sono tuffata a recuperare il resto.

La produzione Pratchettiana purtroppo non è ancora stata tradotta integralmente (Wikipedia può darvi un’idea) e ancora oggi non ho completato la lettura di tutti i romanzi del Mondo Disco (sono quarantuno!).

Negli ultimi anni è un’inspiegabile malinconia legata al rallentamento estivo che mi riporta a Pratchett. Le sue storie sono per me una coccola, di un rifugio sicuro, di un mondo nel quale, nonostante tutto, andrei a vivere.

In queste settimane sto leggendo, per l’ennesima volta, il ciclo delle Guardie, recuperando anche quei capitoli che ancora non sono stati tradotti in italiano. Ho letto Alla carica!, The fifth elephant e ora mi sto apprestando a leggere The night watch.

Il ciclo delle guardie, insieme a quello delle streghe, è uno dei miei preferiti, perché mostra con chiarezza limpidissima il pensiero politico ed etico di Terry. Si tratta di storie che hanno sì un impianto da crime-novel, ma parlano del tessuto sociale di una città, di cosa vuol dire far convivere tante culture diverse.

Parliamo di una città complicata, di un gruppo molto sparuto di guardie che non si sentono particolarmente tranquilli a far rispettare la legge perché hanno poteri limitati. Se esiste una Gilda dei Ladri, a cosa serve una guardia cittadina? Eppure, di romanzo in romanzo, questo gruppo scalcagnato si allarga, accoglie tra le proprie file un buon numero di esponenti di minoranze etniche come per esempio un troll, un golem, una lupa mannara, diversi nani e anche un gargoyle. E a capo di tutta la baracca c’é un personaggio splendido: Samuel Vimes, il comandante.

Uno dei personaggi forse più sfaccettati di Pratchett, Sam Vimes inizia come ubriacone assunto nella guardia notturna e finisce Lord (anzi, Duca), ma non per questo perde la sua umanità e la sua sensibilità per tutte le faccende umane che animano la città. Pieno di dubbi, ha il pregio di circondarsi di persone capaci e di non cedere ai pregiudizi.

Ma non c’é solo lui: c’é il capitano Carota (Carrot Ironfoundersson), umano cresciuto dai nani che ha il magico potere di risultare autorevole (ma non autoritario) a tutti; c’é Mi-Voglio-Rovinare Dibbler, street vendor di salsicce dalla dubbia provenienza; il cane parlante Gaspode; Lord Vetinari, il Patrizio della città e abile equilibrista della politica cittadina; Sybil Ramkin, nobildonna con l’hobby dell’allevamento dei draghi di palude.
E poi c’é Ankh-Morpork, la città dal fiume le cui acque sono troppo solide per berle, ma troppo liquide per dissodarle, in cui quasi un milione di abitanti di tutte le culture vivono, lavorano, rubano, fanno affari e muoiono (di solito male). Una città che appare in quasi tutti i romanzi di Pratchett e che per gli appassionati è quasi un personaggio a sé stante.

E ogni volta che leggo un romanzo di Sir Pratchett rimango colpita da quanto fosse abile non solo nell’intrecciare trame e sottotrame, ma anche da come riusciva a caratterizzare i personaggi tramite le loro azioni (di solito in modo esilarante) e parlare di temi pesanti come razzismo, xenofobia, identità culturale, etica, amore, rispetto e giustizia in una storia di guardie e ladri (e salsicce dalla dubbia provenienza).

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