Intervista a Stefania Toniolo

Avevo promesso nella newsletter di luglio che avrei parlato in modo più diffuso di Non è una storia di zombie (NEUZ per gli amici) e infatti eccoci qui con l’autrice, che ho avuto il piacere di intervistare per e-mail.

Ciao Stefania, ben arrivata sulle pagine dello Scartafaccio e grazie della disponibilità. Ho letto con piacere il tuo libro, anche se evo ammettere che ci ho messo un po’ a finirlo, è veramente grosso. Ho trovato esilaranti i titoli dei capitoli e le illustrazioni (di Daniele Bassanese).

Innanzitutto grazie di aver definito il libro “veramente grosso”, Zack risponde “that’s what she said” 🙂

Parlaci un po’ di Non è una storia di zombie. Com’é nata quest’idea? Come hai trovato ispirazione per i personaggi? Perché svolgere la storia in America?

L’idea di NEUZ mi è arrivata letteralmente in sogno, ma nel periodo nell’università è rimasta a decantare, l’ho ripresa poi solo in seguito, quando mi sono messa a studiare seriamente scrittura. I personaggi principali sono nati subito, in quel periodo stavo leggendo la saga di Malaussène di Pennac e credo che quel tono ironico ma al tempo stesso super sfigato abbia ispirato molto la voce di Zack. Colin è arrivato subito dopo. ho deciso sin da subito che tipo di personalità avrebbe dovuto accompagnare quella brillante ma inizialmente passiva del protagonista. Mentre decidevo il tema e la trama sono nati, pian piano, tutti gli altri personaggi, in modo piuttosto naturale, immaginavo sempre la storia come una serie TV a mi domandavo quale personaggio avrei voluto vedere se fossi stata la spettatrice. è ambientato in America in parte perché è una parodia delle sitcom americane e in parte perché è la terra dove i trend occidentali sono estremizzati. Ma è un’America di cartapesta, paradossale, come la Springfield dei Simpsons.

Nei ringraziamenti al libro scrivi che l’idea di Non è una storia di zombie è nata dieci anni fa. Se penso alle mie idee di trama, pochissime resistono nel tempo. Come hai fatto a tenere duro e portare a termine questo progetto? 

Il progetto ha tenuto botta nel tempo perché mi ha letteralmente divorato il cervello invadendolo come un parassita. Non sto scherzando, dovevo scrivere questa storia. In più il mondo attorno a me aveva cominciato ad assomigliare pericolosamente a quello che raccontavo… quando è arrivato il covid ho detto “ok, prima che il mondo finisca, è il momento.”

L’anno scorso hai vinto l’Amazon Storyteller Award, credo uno dei più importanti premi per chi autopubblica.  L’autopubblicazione ancora oggi viene malvista nel panorama editoriale italiano. Cosa ti ha portato a questa scelta?

Mi sono autopubblicata perché mi rendo conto che NEUZ sia un romanzo bizzarro, difficile da catalogare in un solo genere, volevo quindi evitare che una CE sbagliasse il paratesto o la collocazione in scaffale. è un progetto su cui ho sempre voluto avere il massimo controllo, tanto nella creazione quanto nella promozione.

Ho sempre ammirato il tuo lavoro promozionale per NEUZ. Sei molto attiva sui social, ma in modo originale e simpatico, promuovendo NEUZ con video che incuriosiscono. Quanto è faticoso per chi autopubblica fare tutto il lavoro promozionale? Oltre alla presenza sui social, come ti sei mossa nell’ambiente per far conoscere la tua opera?

Chiaro che è pesante, devi partire sapendo che il lavoro promozionale sarà una tua responsabilità e fartelo andar bene: o paghi un social media manager o devi dedicarci il tuo tempo. Penso che la forza della pubblicità di NEUZ sia che molti lo abbinano proprio alla mia faccia, quindi oltre al lavoro su instagram (cominciato ben prima dell’uscita, era già un paio d’anni che bazzicavo l’ambiente) mi sono anche impegnata facendo fiere di diverso tipo, per arrivare direttamente al lettore. Mi ha dato tanto e lo rifarei mille volte, ma mi ha anche preso tempo e denaro, e questo chi si approccia al self deve saperlo.

La tua è fondamentalmente una commedia. Insieme a Michele Borgogni sei una delle poche esponenti di scrittori umoristici nel panorama fantastico nostrano. Quanto è difficile scrivere per far ridere? E perché secondo te in Italia la scrittura umoristica non ha più spazio?

Far ridere è difficile, far ridere scrivendo ancora di più: non puoi sfruttare musica suoni e tono, e i tempi comici non sono immediati come nel video. La comicità del mio libro gioca molto sul contrasto tra ciò che accade e come il protagonista lo percepisce, che strappa una risata in situazioni altrimenti drammatiche. Ci si muove su una china molto sottile e qui senza dei beta è veramente difficile capire se sta funzionando o meno. Non credo che la scrittura umoristica non abbia spazio in Italia, è che non lo consideriamo un genere, quanto più un subgenere del giallo o del romance. Conosco autori italiani di commedie, più o meno famosi, ma è vero che ci sono generi che vendono meglio e che non hanno la difficoltà aggiunta del far ridere. Spero però che la mia vittoria ad Amazon Storyteller aiuti a scardinare un po’ questo pregiudizio sulla commedia come genere di nicchia 🙂

I temi che affronti nel libro sono molti. La costruzione della propria identità e la ricerca di approvazione nel prossimo fanno proprio parte dell’arco di trasformazione di Zack. Ma non solo: attivismo social, la perdita di sé nel mondo dello spettacolo, la gentrificazione, le questioni di classe. Questi temi sono entrati nella trama, o la trama è stata costruita intorno a questi temi?

I temi sono arrivati mentre progettavo e scrivevo il libro. Certo, sapevo che avrei trattato alcuni macro temi, soprattutto il narcisismo e la ricerca della propria identità, ma altri sono emersi mentre costruivo le scene. Credo che sia perché ho scritto questo libro guardandomi tanto attorno e attigendo da ciò che vedevo sui social e non solo.

Infine: so che stai lavorando al tuo prossimo libro. Vuoi anticiparci qualcosa? Inoltre, quali sono le tue abitudini di scrittura?

Sto scrivendo una commedia romantica urban fantasy che dovrebbe vedere la luce nell’ultimo trimestre di quest’anno! Non ho particolari abitudini di scrittura, ammetto che quest’anno, con le tante cose che mi sono successe, ci sono dei periodi in cui mi sono un po’ persa via, per il resto cerco di scrivere tutti i giorni anche quel poco che posso, è comunque una riga in meno da scrivere il giorno dopo. Nelle stagioni più fredde spesso accompagno le sessioni di scrittura con una candela accesa che poi spengo quando ho finito, e poi, appena posso, vado a scrivere in montagna!

Stefania, cosa dire. Grazie mille per quest’intervista e in bocca al lupo per i tuoi prossimi progetti.

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